mercoledì 23 maggio 2018


ISLAM

 Islam, letteralmente "sottomissione, abbandono" a Dio , è una religione monoteista dovuta all'opera di Maometto, nato a La Mecca nel 570 e morto a Medina nel 632, considerato dai seguaci della religione islamica il Profeta inviato da Dio (Allah) per rivelare che esiste un solo Dio. Maometto, nella tradizione dell'Islam - è solo l'ultimo di una serie di Profeti, il primo dei quali è Adamo, la stessa figura che compare nella tradizione ebraico-cristiana.


L'Arabia preislamica è abitata soprattutto da tribù di beduini. Il paese viene unito dalla diffusione di una nuova, l'islam, predicata dal profeta Maometto, che presenta questa religione come il perfezionamento dell'ebraismo e del cristianesimo. I precetti fondamentali del Corano, il libro sacro dell'Islam, sono la professione di fede, la preghiera 5 volte al giorno, la carità, il digiuno nel mese di ramadan, il pellegrinaggio alla Mecca una volta nella vita.
Il Corano non è solo un libro religioso, ma anche un testo pedagogico che trasmette precetti ai bambini matura e agli adulti
Nel mondo islamico l'istruzione si va articolando in tre livello: elementare, secondaria e superiore. Lo studio del Corano resta di particolare importanza, anche se si fa strada lo studio delle scienze profane.


IL NOME DELLA ROSA

Riassunto:

Durante la sua settimana di permanenza, nell’abbazia avviene una serie di misteriosi delitti. La causa di queste morti viene chiarita solo nell’ultimo giorno, dopo laboriose e difficili indagini da parte del francescano. Ecco la sintesi degli avvenimenti: Adelmo, un monaco ancora giovane eppure già famoso come grande maestro miniatore, aveva avuto un rapporto sessuale con Berengario cioè l’aiuto bibliotecario. Berengario era innamorato d’Adelmo e questi gli si concesse solo perché l’aiuto bibliotecario gli aveva promesso di mostrargli un libro particolare. Il giovane miniatore si era piegato ad un peccato della carne per accontentare una voglia dell’intelletto. Sentendo poi i sensi di colpa, si era suicidato, buttandosi da una finestra della biblioteca.
Nel frattempo Venanzio, traduttore dal greco e dall’arabo e devoto ad Aristotele era riuscito ad entrare nel Finis Africae, cioè nel luogo della ricchissima biblioteca dell’abbazia dove erano nascosti i libri ritenuti maledetti. Qui riesce a sottrarre un libro “strano” e comincia a leggerlo. Ma arrivato nelle cucine, che si trovano proprio sotto la biblioteca, muore. Qui lo trova Berengario; non sa cosa fare e si carica il corpo in spalla e lo butta in un orcio di sangue, pensando che tutti si convincessero che era annegato. Poi con il libro, che ormai ha incuriosito anche lui, va nell’ospedale per leggerlo. Dopo un po’, non si sente molto bene e va nei bagni per cercare di star meglio. Ma muore nella vasca, lasciando il libro incustodito. Severino da Sant’Emmerano, il padre erborista, che aveva cura dei balnea, dell’ospedale e degli orti, ritrova il libro. Viene ucciso nell’ospedale con un colpo alla testa da Malachia, il bibliotecario, per volere di Jorge da Burgos, un vecchio frate cieco che lo manipolava abilmente. Malachia però non resiste alla tentazione di aprire il libro e muore in chiesa davanti agli occhi di tutti i frati. L’ultimo assassinato è l’Abate, che si spegne lentamente soffocato in una stanza segreta della biblioteca. 


Tutti questi omicidi a catena sono stati architettati da Jorge per motivi ideologici: impedire la lettura di una copia del secondo libro della Poetica d’Aristotele, dove l’autore vede la disposizione al riso come una forza buona. Secondo Jorge la conoscenza dell’arte comica avrebbe avuto effetti eversivi, in quanto il riso avrebbe distrutto il principio d’autorità e sacralità del dogma.
Al centro di tutte queste morti c’è dunque un libro pericoloso, sia dal punto di vista ideale che materiale. Jorge, infatti, per evitare che questo testo potesse essere letto da chiunque, aveva cosparso le pagine della Poetica d’Aristotele con un veleno particolare, sottratto all’erborista Severino. Quando un lettore sfogliava le pagine del libro, toccava inavvertitamente il veleno e, quando appoggiava il dito sulla lingua per girare il foglio, lo ingeriva e ovviamente moriva. Jorge non si considerava responsabile di tutti questi delitti e attribuiva la causa delle morti unicamente alla “vana curiosità” e alle colpe di ciascun frate.


Alla fine della settimana, durante una lite notturna nel Finis Africae tra Guglielmo, che ormai aveva scoperto tutto, e Jorge; Adso fa cadere una candela accesa su una pergamena. Ciò dà origine ad un enorme e spettacolare incendio, che distrugge l’intera abbazia. Dopo questi drammatici avvenimenti Adso e Guglielmo sono costretti a separarsi; Adso si ritira nel monastero di Melk e non ha più notizie di Guglielmo, fino a quando scopre che è morto durante la celebre Peste Nera.

L'EDUCAZIONE NELL'ALTO MEDIOEVO

Al collasso delle istituzioni dell'impero romano d'occidente, resiste solo la Chiesa, che diventa il punto di riferimento per l'istruzione. Una particolare importanza assumono i monaci. Nei monasteri viene messa a punto una pedagogia per la formazione dei giovani monaci. 

Per frenare la decadenza culturale alcune personalità si impegnano in un opera della conservazione del sapere. Boezio compone opere dedicate alle arti del trivio e del quadrivio. Anche Marziano Capella esalta il ruolo delle arti liberali. Isidoro di Siviglia scrive le etimologie, una sorta di breve enciclopedia del sapere antico. 

PAPA GREGORIO MAGNO :





È considerato un divulgatore della fede cristiana. Si impegna nella formazione educativa delle gerarchie ecclesiastiche recuperando in chiave cristiana il sapere antico e nella istruzione dei fedeli anche con il ricorso alle
immagini e alla musica.






                                     
                                           CARLO MAGNO :





Imprime un forte impulso alla rinascita della cultura e dell'istruzione, dando vita al fenomeno della rinascita Carolingia. Il suo scopo è la formazione di un
personale di governo adeguato e di un sapere religioso omogeneo all'interno dell'impero.










 L'Europa occidentale e l'impero romano d'oriente sono caratterizzati da istituzioni scolastiche diverse. Nel primo spiccano le scuole monastiche, le scuole episcopale e le scuole parrochiali. Nel secondo resiste la scuola di stato, ma ad un certo punto la chiesa sviluppa una scuola autonoma per la formazione dei futuri prelati.

Inoltre, accanto all'educazione ecclesiastica in Occidente si consolida una particolare educazione laica, quella del cavaliere, riservata agli aristocratici, che ha come scopo quello di formare un uomo d'armi, animato dalla lealtà  verso il proprio signore e dal desiderio di difendere i deboli.

IL CRISTIANESIMO E FILOSOFIA

Il cristianesimo dovette affrontare una doppia sfida:
- una dall'esterno portata dalla società  e dalla cultura pagata contro la nuova fede, accusata di essere pericolosa per la stabilità politica ed economica dell'impero
- l'altra interna, a causa delle diverse interpretazioni dello stesso messaggio cristiano
in questa sfida i Padri apologisti si impegnano di più.

Le prime scuole cristiane dove veniva insegnata anche la filosofia oltre che alla dottrina cristiana compaiono nel II secolo. I maestri cristiani erano nominati didaskaloi.
Nella scuola vengono insegnate le 7 arti liberali: grammatica, logica, retorica, aritmetica, geometria, musica e astronomia.

Le Patristiche :
    •  greca (i cui maggiori esponenti sono Clemente Alessandrino, Origene e Giovanni Crisostomo): tende a conciliare la cultura cristiana con la cultura pagana. Inoltre attribuisce a Dio un ruolo di educatore dell'umanità.
    • latina: mantiene la maggiore diffidenza verso la filosofia, anche se con una varietà di posizioni. Minucio Felice rivolge dure critiche ai filosofi, Tertulliano condanna tutto il sapere pagano, Gerolamo svaluta la formazione umanistica letteraria, mentre Ambrogio riflette sulla formazione spirituale del cristiano.

Agostino:

Valorizza la cultura pagana e la inserisce nella educazione cristiana con una funzione strumentale. Nel processo educativo dedica grande attenzione a delineare il rapporto tra maestro e allievo, la funzione di stimolo del primo e la curiosità da  alimentare nel secondo, e a descrivere la dimensione affettiva in cui deve avvenire la formazione. Sviluppa, in chiave cristiana, il tema dell'autoeducazione e della funzione maieutica del maestro.



sabato 24 febbraio 2018

Platone

PLATONE E L'ACCADEMIA

Grande figura di filosofo allievo di Socrate, Platone ebbe sempre un grande interesse per la vita politica , ma fu distolto dal prendervi parte a causa delle travagliate vicende della città. Platone pensava che uno Stato migliore si sarebbe potuto avere soltanto quando i governanti fossero diventati filosofi o i filosofi stessi si fossero posti a governare. Ad Atene Platone fondò l’accademia. Dopo un ultimo viaggio a Siracusa, dove sfuggì alla morte solo grazie all’aiuto dell’amico Archita, ritornò definitivamente ad Atene, il luogo in cui rimase alla direzione dell’Accademia sino alla sua morte. 
L’Accademia Platone istituì la scuola avendo presente il modello pitagorico, ma l’accademia ebbe un carattere più aperto sia alla partecipazione di persone estranee alla scuola sia a i più diversi temi di discussione. Ebbe anch’essa aspetto religioso, di associazione devota al culto delle Muse, ma le pratiche di questo culto avevano un carattere pubblico, cittadino, non misterico. L’accademia è il primo esempio nell’antichità, di lavoro di ricerca svolto secondo diverse specializzazioni. L’intento dell’accademia era quello di formare una nuova generazione di politici-filosofi, che sapessero con buone leggi,  riformare la realtà politica del tempo, seguendo un modello ideale. I dialoghiL’apologia, monologo in prima persona, tenuto da Socrate davanti ai giudici, in luogo di difesa. Dialoghi Giovanili (cioè quelli più direttamente influenzati dalla figura di Socrate: maestro) Critone, sull’obbedienza alle leggi, non giudicare secondo le opinioni comuni degli uomini, ma soltanto servendosi della ragione, regolandosi secondo coscienza. Eutifrone,  dove, ironia e maieutica hanno il loro più evidente dispiegamento. Protagora e Gorgia, dove si evidenzia il contrasto tra i sofisti (che mirano al pratico e insegnano tante cose) e Socrate (al quale non interessa l’aspetto tecnico dell’insegnamento, bensì la sapienza, che è l’equivalente di virtù). Menone, nel quale viene trattato il tema della virtù e della sua insegnabilità(già si manifesta il punto di vista di Platone). 
Dialoghi della Maturità (dalla fondazione dell’Accademia in poi) Simposio, sulla definizione dell’amore. Fedone, sull’immortalità dell’anima(con la descrizione degli ultimi istanti di Socrate). Repubblica, grande sintesi del pensiero di Platone e soprattutto del suo disegno politico-pedagogico. Dialoghi Dialettici (quando Platone è nella sua fase matura) Fedro, Parmenide e Teeteto, chiamati “dialettici” perché Platone sottopone la propria dottrina alle obbiezioni più forti che i suoi avversari potrebbero rivolgerle e lascia incerta la conclusione della disputa.
La vita Grande figura di filosofo allievo di Socrate, Platone ebbe sempre un grande interesse per la vita politica , ma fu distolto dal prendervi parte a causa delle travagliate vicende della città. Platone pensava che uno Stato migliore si sarebbe potuto avere soltanto quando i governanti fossero diventati filosofi o i filosofi stessi si fossero posti a governare. Ad Atene Platone fondò l’accademia. Dopo un ultimo viaggio a Siracusa, dove sfuggì alla morte solo grazie all’aiuto dell’amico Archita, ritornò definitivamente ad Atene, il luogo in cui rimase alla direzione dell’Accademia sino alla sua morte.
 Socrate aveva esortato ciascuno a ricercare dentro di sé la verità (“conosci te stesso”). Nel Menone, Platone ripropone il problema della verità, sostenendo che sarebbe impensabile che noi cercassimo qualcosa se già in qualche modo non la conoscessimo e, qualora la trovassimo, non saremmo neppure in grado di riconoscerla. Quindi noi abbiamo già un presentimento di ciò che cerchiamo, solo che ci rimane confuso finché non lo liberiamo dalle opinioni che ce lo nascondono. Il conoscere non è altro che ricordare quella verità che in altra vita la nostra anima ha già contemplato in un mondo superiore, quello delle “realtà in se”, il mondo delle idee.

Per Platone è impossibile che i concetti, ossia le idee universali, immutabili, eterne vengano ricavate dalla conoscenza sensibile, che è individuale, particolare e mutevole. “La conoscenza delle essenze immutabili ed eterne ci proviene dalla realtà superiore delle idee, modello di tutte le cose sensibili” Di fatti nel Fedone, uno degli argomenti in appoggio all’immoralità dell’anima è appunto quello della sua somiglianza con le idee eterne e immutabili. Nel Simposio il filosofo è presentato come colui che aspira a superare la realtà corporea per raggiungere la visione delle idee. Esistono quindi due mondi contrapposti : il mondo materiale e sensibile e il mondo delle Idee. Anche nell’uomo esiste un contrasto tra la sua realtà fisica, che limita gli slanci dell’anima, e il suo spirito che è di origine superiore.

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SOCRATE


SOCRATE

Socrate (469 a.C. – 399 a.C.) ha in comune con i sofisti l' interesse circa il mondo dell'uomo. Ma mentre i sofisti concentravano i loro interessi sul successo, Socrate volle formare la gioventù attraverso la verità. Oltre a ciò per le proprie lezioni, egli non pretese mai dei compensi in denaro. Inoltre, diversamente dai sofisti, Socrate si pose nei confronti dell’interlocutore con l’atteggiamento di chi non sa e di chi ha tutto da imparare.
Socrate considerò la dialettica non come un' arma per confutare la tesi dell'avversario. Egli avvertì come una forza interiore, un "demone" che lo spingeva a compiere con ferma determinazione la sua missione maieutica (l’arte di tirar fuori, di far partorire la verità). Socrate è stato un educatore, ma non nel senso dell’insegnamento tradizionale, perché egli insegnava ai suoi discepoli la cura dell’anima (o psichè). Il “conosci te stesso” equivaleva a conoscere la propria psichè. Socrate, inoltre, è stato l'unico che sapeva di non sapere, per questo dimostrò che non esisteva alcun sapiente. Considerò la ragione il bene più importante dell'uomo. Il maestro doveva essere una guida per rendere più agevole il processo di formazione dell’uomo.

Socrate è stato un uomo di modesta origine, ma di eccezionale grandezza d’animo. Praticò l’arte ostetricia, ma la esercitò in un modo tutto spirituale, aiutando i discepoli a far nascere da se stessi la verità (maieutica). Era un pensatore (un filosofo), che aveva più a cuore le sorti della verità che gli interessi della famiglia. Partecipò alla vita pubblica solo quando fu chiamato e spinto dalle circostanze, ma in ogni occasione, diede prova di fermezza e grande onestà. Diceva di avere dentro di se la voce di un Dio che lo spingeva continuamente a filosofare, a insegnare interrogando, secondo il metodo suo proprio (il metodo del “dialogo”). Profondamente convinto che esistessero dei valori costanti, delle verità immutabili, spese la vita nella ricerca di tali valori, testimoniando, in un’epoca di corruzione e di crisi, la sua magnanimità e grandezza dimostrando di essere un uomo spiritualmente superiore, coerente con se stesso fino alla morte. Socrate venne accusato di non prestare ossequio agli dei patri, di voler introdurre il culto di nuove divinità e di corrompere i giovani. Ambedue le accuse erano infondate, ma il malvolere dei giudici e lo stesso atteggiamento poco conciliante dell’accusato, lo condussero alla condanna a morte. La pena era commutabile nell’esilio, ma Socrate preferì morire perché (Apologia) se non era gradito ai suoi concittadini, non poteva sperare sorte migliore in una città straniera. Morì bevendo cicuta (un veleno che provoca la progressiva paralisi) nel 399 a.C. Socrate rimase sereno a conversare con i suoi ristretti amici sino all’ultimo, trattando un argomento sublime, l’immortalità dell’anima.  È nota la  confessione di ignoranza che Socrate faceva di se stesso, egli era il più saggio perché sapeva di non sapere (principio della sapienza).

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ATENE E LA FORMAZIONE DEL CITTADINO

L'educazione aveva inizio all'età di sette anni, non esistendo una scuola per l’infanzia. Raggiunta l'età di sette anni, il bambino intraprendeva l'educazione pubblica e accanto al fanciullo apparivano il pedagogo ed il maestro. Il primo aveva il compito di assistere il bambino, educandolo moralmente e civilmente, mentre il secondo aveva l’incarico di preparare tecnicamente l'alunno. I gradi scolastici venivano suddivisi in istruzione primaria, secondaria e insegnamento superiore. Nell' istruzione primaria il metodo della lettura consisteva nell'andare dal "semplice" al "complesso". L'istruzione secondaria era caratterizzata dagli studi letterari e scientifici. Infine vi era l'insegnamento superiore che era costituito dalla medicina, dalla retorica e dalla filosofia. La filosofia richiedeva un impegno maggiore rispetto alle prime due, in quanto essa tendeva alla formazione dell'uomo                                

I SOFISTI

I sofisti sono un gruppo di sapienti, che diedero origine alla "rivoluzione pedagogica", durante il V°secolo. Infatti con essi il problema educativo e l’impegno pedagogico emersero immediatamente in primo piano, assumendo un nuovo significato, in quanto essi si fecero promotori dell’idea secondo la quale la virtù (l’aretè) non dipende dalla nobiltà del sangue nè dalla nascita, ma si fonda sul sapere. I sofisti mostrarono una illimitata fiducia nelle possibilità della ragione, anche se il loro grande limite fu proprio rappresentato dal fatto che si ponevano nei confronti del pubblico con un atteggiamento superbo di chi sa. L’interesse dei sofisti si rivolse innanzitutto verso la vita politica. Il loro compito fu quello di insegnare a raggiungere il successo nelle dispute pubbliche e per questo furono stimati come "professionisti della cultura". Essendosi resi  conto che il campo in cui l'uomo poteva esprimere più adeguatamente le sue potenzialità era quello politico, essi dettero così vita ad un concetto nuovo di aretè, che non coincise con il precedente ideale di virtù incarnato nell’eroe omerico. Però i sofisti ebbero l’indubbio merito di condurre i giovani all' esercizio della vita politica e ad affermarsi in quella pratica. 

IL FINE ED I CONTENUTI DELL'EDUCAZIONE Secondo i sofisti, il fine dell'educazione era la formazione dell' uomo politico, colui che in futuro avrebbe saputo ottenere il potere con la parola. Per farsi conoscere i sofisti affrontavano qualsiasi argomento. La saggezza secondo loro aveva un valore pratico, che si poteva benissimo riassumere con tale affermazione "l'uomo è misura di tutto". Essi, inoltre, per questo insegnamento imponevano di essere pagati; a tal fine le loro "ostentazioni" (esibizioni) erano pubbliche .

I CONTENUTI DELL'APPRENDIMENTO
Al tempo dei sofisti l'unico mezzo valido per esprimere la propria idea era la parola, tanto che gli insegnamenti più noti furono appunto la dialettica (metodo dell’argomentazione tra due tesi o principi contrapposti, impiegato come strumento di indagine della verità) e la retorica (l’arte di persuadere mediante i discorsi in quanto si presentava come l’arte del parlar bene). Mentre Protagora si distinse per la dialettica, Gorgia si contraddistinse nella retorica. Nonostante le critiche negative che sono state mosse verso i sofisti, bisogna ricordare che questi maestri sono stati i primi ad elaborare un concetto di educazione.
 
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SPARTA E L'EDUCAZIONE DEL SOLDATO

La polis spartana viene quasi sempre ritratta in rapporto alla polis ateniese, cosa che finisce per appiattire ed anche deformare la sua realtà storica. Emergendo per via diretta del medioevo greco, la polis spartana conserva di quel mondo il motivo fondamentale dell'epos omerico, l'ideale dell'aretè eroica. Muta però il suo contenuto umano e sociale, perché essa non designa più la forza, il coraggio, la vitalità guerriera del singolo "cavaliere", ma assume contenuto e significati sociali. L'atto eroico non ha come proprio scopo la gloria individuale, la conquista della fama dell'individuo superiore, ma ha come proprio fine la  difesa ed il potenziamento della patria. Eroe è colui che è solidale in battaglia, che non sa indietreggiare di fronte al nemico, che è disposto a dare la propria vita per lo stato. La cultura di questa Sparta arcaica si avvicina in ogni caso più a quella di Atene del V secolo che all'immagine stereotipata fatta coincidere con il momento della sua involuzione reazionaria. Lo stato trascende l'individuo; ma l'individuo conserva ampi spazi in cui realizzare la sua personale eccellenza. Diverso il discorso da fare per il periodo successivo, perché Sparta ripiega progressivamente su se stessa , fino ad assumere forme culturali ed educative che a giudizio di molti ateniesi del tempo appaiono barbariche. Secondo il tracciato dal Marrou, nella Sparta dell'età classica lo Stato si impossessa del fanciullo all'età di sette anni, dopo la prima educazione in famiglia, e provvede direttamente alla sua formazione fino ai vent'anni.
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mercoledì 4 ottobre 2017


LA CLASSE

Il film racconta le vicende di un anno scolastico che accadono all'interno di una classe.
Inizia mostrando le prime riunioni degli insegnanti, durante le quali vecchi e nuovi professori si salutano. Il compito (un autoritratto), che il professore di lettere assegna ai ragazzi, li stimola a parlare di se stessi e a spiegare che cosa invece non vogliono esprimere; le brusche manifestazioni di identità etnica mostrate dai ragazzi di origine straniera, legate in particolare alle partite delle nazionali di calcio; l'inserimento di un ragazzo espulso da un'altra scuola per motivi disciplinari; la timidezza di Wei, un ragazzo di origine cinese alle prese con difficoltà linguistiche e problemi di permesso di soggiorno dei genitori; il litigio di Khoumba con la sua migliore amica, Esmeralda, che la rende svogliata e arrogante nei confronti degli insegnanti, e la loro successiva riappacificazione; il consiglio disciplinare che espelle Souleymane, ragazzo di talento, ma poco dotato di autocontrollo, che reagisce male quando viene a sapere che in consiglio di classe non ha avuto l'appoggio del professore di lettere (notizia non vera derivante da un equivoco provocato da due alunne, le rappresentanti di classe).
In generale, si vede lo svolgimento di lezioni durante le quali i ragazzi, in modo chiassoso e in un linguaggio piuttosto colorito, fanno domande, esprimono opinioni anche singolari, dibattono tra loro o semplicemente disturbano, e il professore cerca di coinvolgerli e di spiegar loro l'importanza della lingua e della letteratura, spesso mettendosi al loro livello, cercando di entrare nelle loro logiche e prendendo in prestito a volte il loro vocabolario, fatto quest'ultimo che rischia di metterlo in situazioni imbarazzanti.



mercoledì 27 settembre 2017



LE PRINCIPALI TEORIE EDUCATIVE

La relazione educativa è una forma di relazione sociale. Le relazioni sociali nascono dalla stabilizzazione delle interazioni sociali, tramite esse avviene l'influenza sociale, cioè la pressione psicologica con la quale la società ci identifica e ci rende idonei alla comunità. La relazione educativa si può quindi definire il contesto scolastico nel quale si esercita questa influenza.
L'obbiettivo della moderna pedagogia non è incentrata sull'uniformazione degli studenti ma bensì punta sulla realizzazione individuale. La relazione educativa deve perciò essere soddisfacente sia per il docente che per l'alunno.



La teoria psicoanalitica si interessa del vissuto interiore dell'allievo. Secondo questa teoria la classe è il luogo dove avviene un incontro/scontro di forze inconsce sia da parte degli allievi che dei docenti.
L'alunno tende ad operare un trasfert nei confronti del docente, nonché il trasferimento delle pulsioni in origine orientate verso i genitori. L'insegnante è invece spinto ad analizzare alcuni aspetti della propria infanzia per poter entrare in empatia col vissuto degli alunni e d'altra parte per consolidare una maturità emotiva.



La psicologia umanistica intende il ruolo dell'educatore come un "facilitatore", esso insegna come apprendere ed aiuta ad acquisire il metodo necessario all'apprendimento. In questo metodo prevalgono tre atteggiamenti fondamentali: l'autenticità, la considerazione positiva incondizionata e l'empatia. L'insegnante entra perciò nei panni di un collaboratore degli allievi, assumendo il loro punto di vista e astenendosi da giudizi negativi.
Il principale esponente della psicologia umanistica è Carl Rogers
 è stato uno psicologo statunitense, fondatore della terapia non direttiva e noto per i suoi studi sul counseling, che indica un'attività professionale che tende ad orientare, sostenere e sviluppare le potenzialità del cliente, promuovendone atteggiamenti attivi, propositivi e stimolando le capacità di scelta e la psicoterapia.


La psicologia sistemica analizza la relazione educativa partendo da due presupposti: tutto è comunicazione e il mondo psichico è un sistema cioè una totalità nella quale il mutamento di una parte influenza tutte le altre.
Paul Watzlawick uno dei più noti esponenti dell'approccio sistemico, sosteneva che per spiegare un singolo fenomeno bisognasse prendere in considerazione tutto il suo contesto.
Le indicazioni che la teoria sistemica fornisce all'educatore:
favorire la riorganizzazione interna ogni volta che viene turbato l'equilibrio precedente;
individuazione delle persone-chiave il cui mutamento di umore rende possibile quello collettivo;
tenere sotto controllo l'ansia e stimolare l 'attenzione quando si presenta un problema.
Inoltre deve anche controllare il circolo comunicativo affinché tutti comunichino tra loro.











ISLAM  Islam, letteralmente "sottomissione, abbandono" a Dio , è una religione monoteista dovuta all'opera di Maometto,...